La casa che attualmente è sede della cantina Matteo Rigoni è stata costruita nel 1608 dal religioso Giovanni Porto, di nobile famiglia vicentina già proprietaria di importanti palazzi nel centro di Vicenza.
Fu destinata da subito ad ospitare una congregazione di religiosi facenti parte dei cosiddetti Margheritoni, che si ispiravano all’insegnamento riformato del Venerabile Antonio Pagani, singolare figura di religioso vocato all’ascesi e all’eremitaggio nonché alla fondazione di ordini minori.
La casa rimase di proprietà della famiglia Porto fino al primo decennio del Novecento, quando venne acquistata da un membro della famiglia Girotto di Vicenza, di cui, per parte di madre, è un membro anche l’attuale proprietario e titolare della cantina Matteo Rigoni.
Attorno alla casa c’era un vecchio ma dignitoso vigneto di Pinot Grigio che fu espiantato nel 1993. Nel 2004, contestualmente a qualche lavoro di ripianamento, venne reimpiantato anche il vigneto, dando la preminenza a Merlot, Cabernet Sauvignon e Sauvignon. Oggi si è aggiunto qualche filare di Manzoni Bianco e di Chardonnay. La scelta di vitigni internazionali è legata all’idea che i caratteri varietali delle uve in questi terreni cedano alla natura dei terreni stessi, esaltando le caratteristiche del terroir. E quindi si sono preferite varietà adatte a perseguire una precisa idea di vino lasciando da parte i seppur validissimi vitigni autoctoni dell’area dei Colli Berici.
La gestione della vigna è stata per alcuni anni convenzionale, seguendo il filone dominante e il retaggio di una famiglia non di viticoltori ma di contadini e allevatori. Ma la terra parla da sola, basta mettersi nella disposizione di ascoltarla. È bastato un breve periodo per maturare la convinzione che certi prodotti, i diserbi chimici su tutti, non potevano essere usati. L’illusoria parvenza di un vigneto “pulito” nasconde in realtà un insidioso degrado della vita vegetale e animale che si crea attorno alla vigna. Così da circa 10 anni si opera in regime biologico, ora anche certificato.